E sta bene, mi adeguerò…
Chi un po’ mi conosce, di persona o tramite questo blog, già si sarà reso conto che sono sempre favorevole a ogni misura tesa a ridurre l’inquinamento ambientale, e che nel mio piccolo cerco di tenere dei comportamenti coerenti con quanto vado predicando.
Sappiamo bene che una delle principali fonti di inquinamento ambientale è costituita dalle strutture destinate alla produzione di energia, sia essa in forma remota come le grandi centrali elettriche, e sia in forma locale come, per esempio, i motori che bruciano carburanti di provenienza fossile.
Al momento non è realistica la possibilità di ottenere a breve una totale produzione di energia da fonti a impatto zero sull’ambiente, e forse non lo sarà mai, però qualche passo in quella direzione va fatto immediatamente, anche perché solamente così potremmo sperare di evitare la catastrofe ecologica che stiamo apparecchiando con stolida disinvoltura.
Prima di entrare in argomento, permettetemi di offrirvi una breve descrizione della mia situazione abitativa in relazione all’impronta ambientale che ne deriva.
Abito in un piccolo borgo, la frazione di una frazione, poche case che si contendono uno spazio ristretto tra il torrente e la montagna, e che per motivi orografici gode di un’esposizione solare relativamente limitata. Quest’ultimo aspetto è sempre stato un freno all’installazione di pannelli fotovoltaici, giacché dai calcoli che avevo fatto non sarebbero riusciti a fornire una quantità sufficiente di energia elettrica.
A questo punto urge una succinta spiegazione tecnica. Gli elementi più comuni per la cattura della luce solare tramite il silicio si dividono in tre categorie, i monocristallini, con un’efficienza media del 20%, i policristallini, con un’efficienza media del 16%, e gli amorfi, con un’efficienza media del 8%, il che farebbe pensare che la scelta del monocristallino sia la migliore, se non fosse per il fatto che fino a pochissimo tempo fa quella tecnologia era molto costosa e di conseguenza utilizzata assai raramente per applicazioni civili (case e capannoni industriali). Oggi due fattori hanno annullato in gran parte il gap economico, il primo è che sono state individuate nuove tecnologie più efficienti per la produzione dei monocristallini, e il secondo deriva da un eccesso di produzione di questo tipo di pannelli, il che, per l’arcaica legge della domanda e dell’offerta, ne ha determinato l’abbassamento del prezzo.
Alla luce di questo nuovo elemento ho aggiornato i calcoli e ho stimato che con una dozzina di elementi avrei potuto ottenere di giorno una quantità sufficiente di energia elettrica per far andare un paio di elettrodomestici energivori, e in assenza di luce solare a sufficienza, o di notte, un pack di accumulatori avrebbe compensato in parte il calo di produzione, quindi ho preso contatto con un fornitore di impianti fotovoltaici “chiavi in mano” (EnelX) e iniziato le procedure tecniche e burocratiche. Ho scelto un fornitore primario perché si tratta di un impianto che deve durare almeno 10 anni senza sorprese, ma anche se queste si presentassero avrei la certezza di trovare un servizio di assistenza e gli eventuali ricambi, fatto non scontato quando ci si serve di un piccolo fornitore locale.
Come tecnico ho la (discutibile) capacità di vedere oltre il singolo intervento spot, ovvero cerco di integrare ogni soluzione nell’ambito di un progetto che ne ottimizzi le ricadute, quindi ho trovato opportuno ipotizzare un ricambio tecnologico di quanto attiene ai consumi domestici, sempre com’è logico nella direzione di un minore impatto ambientale.
In primo luogo la cucina economica a cinque fuochi, ora a gas con bombola di GPL, che verrebbe sostituita da un sistema a induzione. Ci sarebbe poi la possibilità di intervenire anche sul sistema di riscaldamento. Attualmente uso la legna, ma almeno durante le mezze stagioni nulla mi vieterebbe di orientarmi verso moderni sistemi con alimentazione elettrica, magari quelli che riscaldano d’inverno raffrescano d’estate.
Per ultima ma non ultima arriva l’automobile. Sapete come la penso sulle autovetture con motore elettrico, per il momento hanno un prezzo relativamente alto, sono ancora lontane dall’esprimere tutte le loro potenzialità, e per motivi che ben poco hanno a che fare con la tecnologia manca in Italia una capillare rete distributiva dell’energia, il che, assommato alla disinformazione imperante, non genera grandi aspettative, però sono il futuro.
Da quando sono in pensione uso l’automobile saltuariamente, e il più delle volte solo a causa dell’inefficienza, o addirittura dell’insussistenza del trasporto pubblico nella mia zona. Per i viaggi più lunghi di un centinaio di chilometri preferisco il treno o il bus, quindi il problema dell’autonomia di un mezzo elettrico non mi tange, sempre che in futuro rimanga ancora un problema. Quindi, già che ci sono, perché non installare a casa una colonnina di ricarica e cambiare il mio vecchio diesel con una moderna autovettura dotata di motore elettrico?
Già, perché no?
Perché no.
E chi lo dice? Lo dice la Soprintendenza regionale, per la quale quella dozzina di pannelli neri sono “brutti”, pertanto non vanno installati.
Mi va di precisare che, uno, la mia frazione non è composta da edifici storici di particolare interesse, si tratta di abitazioni semplici e di finitura relativamente modesta, due, l’installazione prevista era “in vasca”, ovvero i pannelli non sporgevano dal livello delle tegole, pertanto non erano visibili dalla strada (forse davano fastidio ai volatili?), e tre, la zona già “gode” di una palificazione assortita e sovrapposta, con elementi in acciaio, cemento e legno per supportare i vari servizi energetici, di telefonia e illuminazione stradale, elementi assai poco belli da vedere. A questo punto la conclusione è ovvia: il rispetto dell’ambiente conta poco, conta assai di più l’estetica (presunta).
Come ho scritto sopra, e sta bene, bastava dirlo subito, così non avrei perso tempo a produrre la documentazione relativa e mi sarei adeguato alle attuali priorità, però adesso non venitemi a rompere le scatole con le bubbole tipo l’impatto ambientale, il risparmio energetico, le scelte ecologiche e menate simili, perché mi adeguerò di conseguenza.
Senza i pannelli fotovoltaici sarei costretto a utilizzare la rete elettrica per alimentare le nuove apparecchiature, con un costo della bolletta che raggiungerebbe valori difficilmente sostenibili, pertanto l’ipotesi di un radicale aggiornamento tecnologico non è più praticabile. Continuerò a bruciare legna per scaldarmi, e GPL per cucinare, evitando nuovi acquisti e risparmiando pure dei bei soldi. Mi terrò ben stretto il mio diesel, e per molti anni ancora, giacché questi motori sono più longevi di quelli a benzina, e allora vai di gasolio! Anzi, visto che l’inquinamento non è un problema importante quanto l’estetica, userò l’automobile molto di più, evitando così tutte le scomodità e i limiti del “brutto” trasporto pubblico. Anche per i miei viaggi all’estero dovrò fare qualche considerazione, nel senso che potrei risparmiare molto tempo scegliendo l’aereo invece del treno o dell’autobus, anche volendo tralasciare il fatto che talvolta il treno è più caro, e poi aeroporti e aerei offrono un’immagine più accattivante rispetto a stazioni e treni.
Come si dice, l’appetito vien mangiando, e la recente scoperta che l’estetica conta più dell’ambiente mi porta a riconsiderare alcuni miei comportamenti che sotto questa nuova luce appaiono bizzarri.
Per esempio, perché tormentarsi l’esistenza per separare i rifiuti di casa? Tutto quel trafficare di scarti organici, tappi di plastica, vasetti di vetro, scatolette d’alluminio, olio esausto, batterie scariche, carta, polistirolo, tetra pak, in sgraziati contenitori è un’attività poco gradevole e di utilità dubbia, e lo sarà finché si pagherà solamente in funzione delle dimensioni dell’abitazione e del numero di persone che ci vivono, ovvero che si produca un chilo o una tonnellata di immondizia costa uguale.
Sempre dal punto di vista estetico, un oggetto nuovo fiammante è in genere più bello del suo equivalente datato, perciò quando un qualsiasi oggetto si guasterà, non vedo perché dovrei perdere del tempo per trovare dei pezzi di ricambio (sempre che esistano) e ripararlo (sempre che ci riesca), col bel risultato di ritrovarmi in mano un vecchio oggetto rabberciato invece dell’ultimo non plus ultra della tecnologia e della moda. In quel caso sarà più piacevole recarsi in uno sfavillante centro commerciale per procacciarsi un prodotto nuovo di zecca, che poi così facendo si incrementa anche il PIL nazionale.
Ah sì, quasi mi dimenticavo dell’elemento scatenante di tutta questa vicenda e le sue conseguenti ricadute, e cioè l’energia elettrica. Ero partito dall’idea di autoprodurre l’energia che mi serviva, ma ora, cassata tale ipotesi, continuerò a utilizzare quella proveniente dalla rete. Al momento sono ancora coperto dal Servizio Elettrico Nazionale, ma a marzo 2027 dovrò scegliere un fornitore specifico. Potete star certi che in quel caso valuterò esclusivamente l’aspetto economico delle varie offerte, soprassedendo su ogni aspetto che riguardi la percentuale di produzione “green” di energia.
Giunto a questo punto non mi resta che ringraziare la Soprintendenza regionale per avermi aperto gli occhi, svegliandomi da un sogno che rischiava di illudermi con una visione idilliaca nella quale ogni scelta, anche minima, è misurata in base al suo impatto ambientale, mentre invece ciò che conta è l’apparenza, anche se non so quanto la loro decisione sia stata dettata da ottusità o dalla politica ostruzionistica tipica di ogni ente pubblico. Cara Soprintendenza, vi siete arroccati dietro qualche norma bizantina per giustificare quanto quella dozzina di pannelli neri avrebbe offeso il paesaggio, e così facendo avete arrecato all’ambiente un danno considerevole, ma ripeto, ve la siete cercata.
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Vanitas vanitatum et omnia vanitas
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