Le verità di Pinocchio

Le verità di Pinocchio

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Dodicesima puntata

 

Gira e rigira, trovò una recinzione un po’ più bassa delle altre e la scavalcò, ma subito due cagnacci brutti come la peste gli s’avventarono contro abbaiando furiosamente. Pinocchio fece appena in tempo a saltare di nuovo in strada, altrimenti se la sarebbe passata veramente male. Sempre in cerca di un riparo, notò che una casa aveva un lato vicinissimo alla staccionata, e sulla parete corrispondente c’era una finestra, illuminata. Si issò sulle tavole di quella barriera di legno e bussò con energia al vetro di quella finestra.
– Vi prego, di casa, aiutatemi!
Nessuno rispose, ma la luce all’interno venne immediatamente spenta, e con quella anche la speranza di Pinocchio. Ormai era quasi buio, e per paura di essere catturato da quei personaggi misteriosi della notte decise di uscire da Borgobuono. Forse avrebbe incontrato dei lupi, forse dei briganti, ma erano pericoli conosciuti, comprensibili, persino meno spaventosi dell’oscurità che gravava su quel villaggio.
Passando davanti all’ultima casa notò che la staccionata era malmessa. Qualche tavola era lenta, e muovendola un poco forse si sarebbe potuto sgattaiolare dentro passando di sotto. Procedendo con estrema attenzione e cercando di fare il minor rumore possibile, Pinocchio riuscì a passare e attese di sentire il latrato dei cani.
Niente.
– Buon segno, magari stavolta ho più fortuna – mormorò tra sé e sé.
Intanto un problema era risolto, non doveva più temere di venir portato via durante la notte. Però restava il secondo problema, ovvero la fame. Ora il buio era quasi completo, e le uniche luci erano quelle che pallidamente piovevano dalle finestre, ma erano sufficienti a Pinocchio per distinguere dove stavano il pollaio e la stalla. Procedendo acquattato come una faina si avvicinò al pollaio, silenziosamente per non spaventare le galline. Sperava di trovare del pane ammollato, del granoturco, magari un ovetto dimenticato, o qualsiasi cosa che il suo stomaco vuoto potesse digerire, poi sarebba andato a dormire sul fieno.
– Se non te ne vai subito ti rovino.
Quella minaccia era spuntata dal buio all’improvviso giusto dietro a Pinocchio, e l’effetto fu spaventoso quanto convincente. Non aveva visto nulla, non aveva sentito nulla, non si era accorto di nulla, perciò non aveva nessuna speranza di cavarsela, anche perché il tenore di quella voce nel buio dava l’impressione di qualcuno che mantiene le sue promesse.
– Vado, vado, scusate.
Si voltò con lentezza per dimostrare che non aveva intenzione di fuggire, ma solamente quella di andarsene da lì. Però era anche curioso di scoprire chi l’aveva beccato nonostante egli non avesse fatto quasi nessun rumore. S’aspettava di scorgere un paio di scarpe, e sopra quelle un paio di gambe, e ancora più sopra un bastone nodoso, o persino la canna di un fucile, ma il muso di un cane mastino proprio no, quello non se l’aspettava. Sicuramente quella bestia l’aveva udito oltrepassare la staccionata e avvicinarsi al pollaio, e Pinocchio si chiese come mai non avesse abbaiato subito come fanno di norma i cani.
Pur trovandosi in una situazione a dir poco incresciosa, la sua curiosità si rivelò più forte della paura, e pertanto si avvicinò ancor di più al muso del cane per chiedere spiegazione di quel comportamento poco consono alla razza sua. Massima fu la sua sorpresa quando riuscì a distinguere meglio i lineamenti del mastino.
– Alidoro!
– Ci conosciamo?
– Ma sì, sono Pinocchio! Mi correvi dietro e sei caduto in mare, t’ho salvato, e poi m’hai salvato tu dalla padella del pescatore.
– Ricordo, ma io avevo salvato un burattino, mentre tu sei ben diverso. Aspetta.
– Cosa?
– Noi cani vediamo col naso, fatti controllare.
Il mastino girò attorno a Pinocchio, lo annusò in lungo e in largo, di sopra e di sotto, dalla testa ai piedi, e infine emise il suo verdetto.
– Beh, quella volta avevi un odore diverso, sapevi di pesce e di farina, ora sai di bambino, più tutte le cose che ti si sono attaccate per strada, però ho riconosciuto un odore particolare che riconoscerei ovunque, un sentore come di resina di pino.
– Noce?
– Sì, il legno del burattino. Quindi non ho dubbi, sei proprio chi dici di essere, e solo tu potevi intendermi, giacché per gli esseri umani io abbaio e basta. Ma che ci fai in codesta disgraziata situazione?
Pinocchio gli raccontò per sommi capi le sue disavventure, non mancando in ultimo di manifestare il suo disappunto per il comportamento degli abitanti di Borgobuono.
Alidoro ascoltò in silenzio tutta la storia, ma quando s’arrivò al comportamento degli abitanti di quel villaggio non seppe trattenere un sordo ringhio e un commento acido.
– Bastardi senza cuore, tutti in galera dovrebbero stare. Ne ho visti di malviventi, e c’è chi porta ancora i segni dei miei denti sul polpaccio, ma al confronto di questi profittatori quei briganti erano dei santi.
– E tu come lo sai?
– Son qui da quasi un anno, e ne ho viste di cotte e di crude. Dai carabinieri non potevo tornare, mi avevan dato per morto, e ormai il mio posto era stato preso da un altro cane. Di fare il randagio non mi garbava assai, e quando ho sentito che c’era un paese dov’eran tutti buoni ho immaginato che fosse il posto ideale per me.
– Perché?
– Perché una persona buona quando vede un bel cagnolino tutto solo s’intenerisce.
– Beh, proprio cagnolino non direi.
– Cagnolino cresciutello, ti sta bene? Comunque bellino e di buon carattere, questo non puoi negarlo. Insomma, ero sicuro che avrei trovato dove accasarmi, e infatti eccomi qua.
– Dove però, mi par di capire, non ti trovi bene.
– Per niente. Vedi, m’attirava l’idea di arrivare in un posto dove non ci sarebbero stati ladri e assassini da inseguire, confesso che ero un po’ stanco di quel ruolo, e qui avrei passato degli anni felici.
– E invece?
– Appena preso m’hanno legato a questa catena, e qui devo stare giorno e notte, a far la guardia per un misero piatto di avanzi.
– La fai piuttosto bene direi. Altri cani mi son corsi dietro abbaiando, ma per fortuna sono stato più svelto di loro. Tu invece mi sei arrivato alle spalle senza far rumore, e sì che hai pure la catena.
– Devo farlo. Vedi, chi abita in questa casa non si fida di nessuno, nemmeno di me, perciò per paura che vada a rovistare nella stia o nella dispensa m’hanno legato corto, e non arrivo nemmeno a mezzo cortile. Metti che arrivino dei ladri e io corro loro incontro abbaiando, cosa succede?
– Scappano.
– Solamente se sono fortunato. Magari quelli capiscono che la catena mi trattiene, e così son capaci di tirami una grossa pietra, e allora ciao Alidoro…
– Quindi li aspetti al varco?
– Li aspetto al varco, però non li mordo, mi limito a farli andare via con le loro gambe ancora intere, perché mi fa più schifo il padrone di casa che loro.
– Ho visto, trattano i forestieri come se avessero la rogna – confermò Pinocchio.
– Tu non hai visto niente. Fra loro son tutte moine e gentilezze, ma quando chiudono la porta di casa la musica cambia, stanno a cercare di fregarsi l’un l’altro. Quando prestano un attrezzo, quello è difettoso o sul punto di rompersi, così se lo fanno restituire nuovo. Se hai bisogno di un po’ di farina o d’olio trovi subito chi te ne offre, ma sarà roba dell’anno passato, però intanto dovrai ricambiare il favore. Per ogni complimento ricevuto stai sicuro che dietro alle spalle maligneranno. Per questo motivo non vogliono estranei in paese, prima o poi uno di quelli potrebbe raccontare in giro che dietro la facciata di bontà c’è un muro di cattiveria.
– Ho capito, sei cascato veramente male caro Alidoro, però questa potrebbe essere la nostra fortuna, la mia perché grazie a te ho trovato un riparo per la notte, e la tua perché posso liberarti da questa catena.
Il cane soppesò i pro e i contro di quell’eventualità. Se fuggiva con Pinocchio rinunciava alle magre ma sicure razioni di cane da guardia, ma se restava a fare onestamente il suo lavoro sarebbe stato malripagato da un padrone tirchio e malfidante. Guardò la casa buia, il recinto, la sua ciotola di stagno, e infine anche il cielo stellato.
– Al diavolo, che ci resto a fare qui! Io ero un campione della corsa, e ora guarda come sono ridotto, in catene come uno schiavo. Verrò con te.
Pinocchio resistette alla tentazione di applaudire, si limitò ad abbracciare il cane e a strofinargli il pelo.
– Bene, io aprirò il collare e ce la svigneremo poco prima dell’alba.
– Sicuro, e appena libero ti mostrerò dov’è la dispensa. Se non sbaglio ci sono delle caciotte vicino alla porta, dovresti riuscire a trovarle anche al buio.
Così fecero. Pinocchio allentò la vite che serrava il collare di Alidoro, e quello, annusando, trovò la porta della baracca in legno che fungeva da dispensa. Appena dentro sentirono il profumo che proveniva dalla carne di maiale messa lì a salare e asciugare, ma sarebbe stato rischioso arrampicarsi al buio per arrivare a quelle prelibatezze appese alle travi, perciò Pinocchio si limitò ad arraffare due piccole caciotte che stavano su una mensola. Ne mangiò subito una, si potrebbe dire che, dalla fame, quasi la sbranò, e un’altra se la conservò per l’indomani. Neanche cinque minuti dopo stava dormendo, sazio, con la testa appoggiata sulla pancia di Alidoro che faceva la guardia, stavolta non per un padrone, ma per un amico.
Poco prima che sorgesse il sole sgattaiolarono fuori dalla staccionata, sempre attraverso il varco che aveva scoperto Pinocchio, e uscirono dal paese di Borgobuono. Non si può dire che si misero a correre, però procedettero a passo abbastanza spedito, nel timore che ci fosse ancora in giro qualcuno di quei misteriosi figuri che si occupavano di portare via i forestieri non graditi, praticamente chiunque non fosse del paese. Solamente quando sparirono dalla vista i tetti del paese si dettero un po’ di tregua e si riposarono al bordo del sentiero.
– E ora che si fa? – chiese Pinocchio.
– Io direi di proseguire e vedere dove porta questa stradicciola, e se vuoi il mio consiglio, dovresti portarmi con te – rispose Alidoro.
– Ma io non so dove sto andando.
– E perché, io si? – fece il cane. – Rifletti, se vengo con te sei abbastanza sicuro che nessun malintenzionato e nessuna bestia feroce oserà avvicinarsi.
– Questo è vero – convenne Pinocchio.
– Ma anch’io da solo non me la passerei bene. Rischierei di essere catturato e messo in un canile, o di finire alla catena un’altra volta. Non è che i cani siano liberi di girare come un cristiano.
– E anche questo è vero, quindi d’ora in poi viaggeremo insieme e non ci separeremo mai.
– Eh, mai è una parola grossa, specialmente per un ragazzino – lo ammonì Alidoro, che nella vita ne aveva già viste troppe.
Approvato quel sodalizio si rimisero in cammino, Pinocchio sperando di scoprire qualcosa in grado di guarire il babbo, cosa ancora non lo sapeva, e Alidoro sperando di trovare qualcosa da mettere sotto ai denti, perché il suo stomaco aveva già dimenticato da un pezzo quel po’ di caciotta che si erano spartiti di prima mattina.
Giunto che furono a un bivio della strada si fermarono per cercare di scoprire dove portavano le due diramazioni, però entrambe sparivano in lontananza tra i cipressi, perciò Alidoro si mise al lavoro e iniziò a fiutare a destra e a manca, avanti e indietro, finché emise il suo verdetto.
– Prendiamo il sentiero di sinistra.
– Perchè? Dove porta? – chiese Pinocchio.
– Ah, questo non lo so proprio, però tra tutti gli odori che ci sono sulla ghiaia ho ritrovato qualcosa che ho fiutato altrove. Di chi o di cosa non sono sicuro, ma comunque sono certo che è già passata per il mio naso, fidati.
– Ho scelta?
– Sempre, ricordati che anche la fiducia è una scelta.
– Allora andiamo – disse Pinocchio, e s’avviarono di buon passo sul sentiero scelto da Alidoro.

Continua…

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