Virgelio

Io lavoro di notte, o di notte lavoro, come preferirete intenderlo.
Al pari di altre mansioni che si svolgono dopo il calar del sole, dovrebbe essermi riconosciuto un adeguato riconoscimento economico, ma in questo particolare caso si tratta di una sorta di servizio “pro bono”, anche se in tutta onestà non si potrebbe definirlo del “volontariato”, giacché, almeno da parte mia, di volontario c’è ben poco.
Vi dirò, faccio la guida, un tipo particolare di guida turistica che non troverete sui dépliant delle agenzie di viaggio, e che non potete prenotare, nemmeno per sogno.
Scusate, mi sbagliavo, per sogno sì, anzi solo lì, giacché svolgo la mia mansione di guida nel mondo dei sogni.
Badate bene, non nei miei sogni, ma nei vostri.
Credo che tutto dipenda della mia non trascurabile memoria onirica, una virtù, se così possiamo definirla, che mi consente di riconoscere luoghi e situazioni, anche a distanza di anni, una prerogativa forse non così rara, però alcuni indizi mi hanno indotto a ravvisare una sorta di funzione pratica supplementare a quelle già note dei sogni
In primo luogo va detto non mi capita di incontrare sempre le stesse persone, e quasi mai a quelle corrispondono dei volti noti, perciò devo supporre che si tratti di individui esterni alla mia cerchia di conoscenze, fisiche o emblematiche, che non ho avuto modo di memorizzare in fase cosciente. È abbastanza comune che nei nostri sogni compaiano dei volti riconoscibili o che supponiamo di riconoscere, ciò dipende dal fatto che il cervello ha la necessità di un bias di elementi noti per poter elaborare le sue immaginarie trame. Il fatto che a me non succeda quasi mai, pur potendo godere di una vita sociale non limitata e di una discreta capacità di ricordare facce e nomi, mi ha dato da pensare.
Molte persone affermano di non ricordare nulla dei loro sogni, altre invece si ritrovano al mattino con delle immagini vivide, potenti, a volte spaventose, e sono in grado di descriverle, almeno finché quelle non sbiadiscono del tutto. Le più sfortunate invece non sono in grado di obliare alcunché, e si ritrovano a dover gestire ciò che non è gestibile, ossia l’irrazionale. Le ho definite sfortunate per due motivi, il primo perché di rado i sogni sono rassicuranti, anzi si va dal misterioso allo spaventoso passando per il deprimente, il che, lasciatemelo dire, avvelena abbastanza la vita, mentre il secondo motivo ha qualcosa a che fare con la percezione della realtà. Quando si sogna troppo, e troppo a lungo sopravvivono i sogni, si finisce col contaminare la coerenza dei ricordi reali, alcune concatenazioni saltano e altre si aggiungono, come impronte che si sovrappongono per tracciare piste che conducono al nulla. In buona sostanza capita di chiedersi se ciò che ci sovviene è frutto di un’esperienza fisica o se si tratta invece di una reminiscenza onirica.
Pur possedendo una discreta capacità di riportare alla mente le faccende che l’hanno tenuta occupata durante il sonno, ho constatato più e più volte che la mia memoria invade anche il campo del sogno, si intrufola, prende posizione, stabilisce le sue regole, controlla il mio operato e, faccenda stranissima, stabilisce delle relazioni, casuali per lo più.
In buona sostanza ho la consapevolezza di sapermi muovere agilmente in molti ambienti diversi, vie, strade, sentieri, dei quali conosco origine e destinazione, in quanto già visti, già percorsi, già vissuti o, se preferite, già sognati, ed è una sensazione assolutamente diversa da un ambiguo déjà vu. Basterebbe questo aspetto per trovare curiosa tale prerogativa onirica, se non si aggiungesse un dettaglio, secondo me, non trascurabile, ossia che io non mi trovi mai da solo, e che anzi mi capiti di accompagnare su e giù per quei paesaggi irreali (ma non irrealistici) altre persone, mostrando, guidando, spiegando, aiutando, come se fossi uno del posto o una guida turistica. Diciamo però che, diversamente da un fantasmatico e loquace cicerone, io conduco coloro che a me si affidano come fa l’autore de “L’Eneide” col sommo poeta, ovvero con saggezza e autorità, smorzando i timori, spiegando l’arcano, spronando alla scoperta, insomma tutte quelle azioni alle quali è tenuta una guida, turistica o meno.
Magari qualcuno che sta avendo la pazienza di leggere queste strampalate righe ha goduto dei miei servigi, sempre che se lo ricordi, magari è stato accompagnato in auto durante l’attraversamento di un passo dolomitico, magari è sceso in centro per una stradina molto stretta, in discesa, dal selciato sconnesso, magari è andato a nuotare, una mezzaluna di basse rocce costellata di pini marittimi e un blu che non si dimentica, magari su una piccola nave abbiamo solcato le onde di quel golfo cangiante nella forma e nei colori, magari per tornare a casa ha preso il tunnel di destra perché quello di sinistra non è consigliabile, magari abbiamo contemplato la visione di strani windsurf che si staccavano dalla spiaggia, strani perché erano gonfiabili, anche la vela, che però era un parallelepipedo di plastica trasparente, e come filavano, magari abbiamo risolto assieme il problema di overbooking di un albergo a Verona, o a Londra, o a Cortina, magari siamo saliti su per la città vecchia, quasi fino ai ruderi in cima, per sporgersi da un parapetto di arenaria osservando uno strapiombo di una trentina di metri, e io che rassicuro tutti sul fatto che ci si può buttare, che non ci si farà del male, tanto è solo un sogno. Lo capite ora il paradosso, quello di adeguarsi coscientemente alla follia dei sogni? Che poi, a dirla tutta, non sono nemmeno i miei, sono i vostri, e come io ci finisca dentro rimane un mistero….
A quanto pare è necessario che mantenga sempre questo approccio simmetrico, coinvolto nelle vicende ma con un certo distacco, altrimenti non sarei in grado di svolgere in maniera accettabile il compito al quale sono stato chiamato, sarei un’altra ombra smarrita tra le forme apparenti dell’inconscio, tra gli scogli dove cantano le sirene dei desideri inappagati, nella gabbia assieme ai mostri che la paura sa partorire con inesauribile estro, sarei perso, senza una mappa, una bussola, un canovaccio, e lo sarei per sempre poiché nel sogno il tempo è una variabile indipendente, forse indefinita, forse inesistente.
Certo che è strana la mia situazione, quella di essere forse più utile in sonno che da sveglio, ma è sempre meglio di niente. Non che mi aspetti della riconoscenza, ripeto, non mi sono offerto volontario per questa corvée, diciamo che lo faccio perché mi ci trovo in mezzo, e poi non mi va di tirarmi indietro se vedo qualcuno in difficoltà, è già abbastanza egoista il mio comportamento diurno.
L’unica costante in questa poliedrica faccenda riguarda me. Tra tutti gli oggetti che mi trovo a cercare, a maneggiare, a comprare, a vendere, a perdere, a rompere, ne manca sempre uno, e sempre quello: uno specchio. Confesso di non avere la più pallida idea del mio aspetto nei vostri sogni, e trattandosi appunto di sogno potrei assomigliare a qualsiasi cosa, una scimmia, una medusa, un albero, un mattone, e chi lo sa. Immagino che sarebbe alquanto deludente se la mia figura avesse i tratti di un bipede implume con pochi capelli, sarebbe un po’ come quegli alieni dei film di terz’ordine, esseri provenienti da una galassia lontana che si presentano con sembianze umane in tutto e per tutto tranne che per la colorazione cutanea e la presenza di vistose antenne sulla testa, oltre ovviamente a un imbarazzante abbigliamento rinascimentale.
Beh, penso che per oggi possa bastare, vado a dormire. Ci vediamo.

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