Si salvi chi può?

Ci sta la vecchia storia di quel marinaio che mentre sta dormendo sulla sua cuccetta viene svegliato da qualcuno che picchia alla porta della cabina.
– Chi c’è, perché mi avete svegliato?
Da fuori gridano – Presto alzati, che la nave sta affondando!
E lui – E chi se ne frega, non è mica mia la nave.
Vi chiederete perché vi ho raccontato questa edificante storiella. È presto detto, ha a che fare con la vaccinazione contro il coronavirus.
Spero che nessuno tra i miei lettori abbia dei dubbi sulla validità e sull’opportunità della profilassi vaccinale. Al riguardo presumo di essere stato abbastanza chiaro, e temo talvolta persino caustico, quando venivano tirati in ballo alcuni argomenti risibili. La situazione è allo stesso tempo confusa e chiara, confusa in quanto la comunità scientifica non è ancora in possesso di tutte le informazioni necessarie a circoscrivere il problema, e chiara perché è in atto una polarizzazione degli atteggiamenti nei riguardi della malattia e del suo trattamento. Da una parte abbiamo chi percepisce la pandemia come un flagello dal quale si può sperare di scampare solamente barricandosi in un bunker farmacologico e comportamentale, mentre l’altro schieramento è composto di inguaribili ottimisti e inossidabili fatalisti, quelli che con una bella dormita passa tutto, anche il cancro, oh yes (cit. da “Quelli che…”).
Le due legioni hanno posizioni opposte su tutto e disprezzano ogni atto che non è conforme al loro atteggiamento, arrivando persino a negare la necessità di un confronto sincero.
La realtà è ben diversa, e molto più complessa di quanto lo permetta una visione fideistica di quanto ci sta succedendo.
Esiste una pandemia? Sì. Solamente un terrapiattista oserebbe negarlo.
Si tratta di una malattia pericolosa? Purtroppo è così, e se ne sono accorti anche quei negazionisti che si sono trovati intubati in terapia intensiva nonostante avessero ostentato un maschio “me ne frego” in faccia al virus.
I vaccini saranno efficaci? Al 95% lo saranno, ma potranno solo evitare che il Covid-19 ci faccia ammalare, non c’è garanzia che impedisca il contagio, ovvero qualcuno potrebbe restare un vettore asintomatico del virus. Solamente quando la stragrande maggioranza della popolazione sarà vaccinata il Covid-19 non troverà più terreno fertile dove prosperare e perirà.
E qui casca l’asino.
Avendo più volte dichiarato di essere a favore della vaccinazione, è ovvio che io stia vedendo con preoccupazione i ritardi nella consegna che le case farmaceutiche ci stanno prospettando, però si tratterebbe di attendere un paio di mesi in più, perciò cercheremo di resistere confidando nella buona sorte, nell’attenzione comportamentale e nell’intelligenza delle persone con le quali potremmo venire a contatto. Di più non si può.
Potrebbe capitare magari che qualcuno debba aspettare molto più a lungo, troppo a lungo, e non mi sto riferendo alle categorie di persone che, in teoria, sono meno sensibili e più resistenti al morbo, bensì a quella ben più grande massa di persone che vivono in una condizione di svantaggio, sia esso geografico, economico, religioso, politico.
Suppongo che nel subcontinente indiano qualche laboratorio eseguirà prima o poi un reverse engineering dei vaccini, arrivando a produrne uno locale che se ne infischia di brevetti e royalty; troverei difficile fare causa a una nazione da un miliardo e mezzo di abitanti. Però potrebbe darsi che altre popolazioni non abbiano la stessa forza contrattuale, e mi riferisco a quelle che vivono nel continente africano, oppure alle fasce più povere del Sudamerica e del Sud-est asiatico. Non mi stupirei nemmeno se il vaccino fosse parzialmente irraggiungibile in alcune nazioni più ricche ma prive di un sistema sanitario pubblico all’altezza della situazione.
“La palla è rotonda”, diceva il filosofo del calcio, Gianni Brera, e rotondo è anche il pianeta sul quale viviamo, perciò se un pallone da calcio può prendere direzioni impreviste perché la sua superficie non presenta ostacoli al rotolamento, anche il virus non ha trovato, non trova e probabilmente non troverà mai ostacoli alla sua diffusione.
Possiamo ben cullarci nell’illusione di immortalità perché abbiamo scoperto il vaccino, perché l’abbiamo testato, perché l’abbiamo distribuito e iniettato, perché siamo diventati immuni, però se la maggioranza della popolazione non avrà accesso alla nostra stessa protezione il virus continuerà a circolare, mutando dopo ogni salto di ospite per meglio adattarsi, un processo che condurrà inevitabilmente alla generazione di un virus che si farà beffe del vaccino e della nostra supponenza.
La soluzione è una sola e sta nelle nostre mani. Dobbiamo accollarci i costi della vaccinazione per tutti quei paesi che non possono permetterseli, dobbiamo imporla, e qualora dei farneticanti capopopolo ne impedissero la distribuzione si dovrebbe applicare nei confronti di quelle nazioni medievali un cordone sanitario, vietarne l’attraversamento dei confini, anche a costo di soffocare ogni ragionevole scrupolo umanitario, perché sappiamo bene che il medico pietoso fa la piaga cancrenosa.
Se sapremo dimostrare coesione e partecipazione salveremo le popolazioni meno fortunate. Dobbiamo farlo, poiché solamente aiutando quelle salveremo anche noi stessi.

 

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