Intanto che (non) aspettate di leggere qualcosa di nuovo su questo blog, andatevi a guardare queste immagini di Praga.
Sono foto scattate durante le mie reiterate escursioni in quella città, e che per molto tempo (pure troppo) resteranno le ultime. Chi devo ringraziare?
Beh, mettiamola così, per tutto il bene devo ringraziare Rossana, per tutto il male devo ringraziare la Cina.
Vi confesso che, pur essendo di umore mitteleuropeo, avevo mai provato un particolare desiderio di visitare Praga, e per diversi motivi. In primo luogo mi avevano schifato i resoconti di chi c’era stato, tutto quel magnificare il basso costo della vita (basso per noi, s’intende), quei racconti di abbuffate e colossali bevute di birra per quattro soldi (i nostri, s’intende), il fatto che (per la parte maschile sessualmente attiva) si favoleggiasse di una città con un panorama di belle ragazze sempre ben disposte vero il turista (pagante, s’intende), e anche la cattiva reputazione dovuta ad alcune tipologie di abitanti, più noti come borseggiatori, tassametristi, cambiavalute e camerieri (contro di noi, s’intende).
Il secondo motivo era più una sensazione, o meglio un presentimento, quello che avrei trovato una città grigia, ferita dal regime comunista e sconvolta da un’adolescenza capitalista, atmosfere che ben conoscevo data la mia geografica adiacenza alla Slovenia e Croazia.
Come ciliegina sulla torta potremmo aggiungere un sotterraneo rammarico, invisibile ma presente in chi è convinto che nel 1968 si sarebbe potuto fare di più per quella primavera, per i cecoslovacchi che chiedevano una gestione meno totalitaria del paese, e tutto sommato anche per noi che avremmo potuto seguire l’evolversi di un esperimento sociale, almeno a parole, dal volto umano, giacché oggi abbiamo fin troppe occasioni di osservare come manchi di umanità l’azione politica quando domina il Dio Denaro.
L’occasione d’andarci, più di una decina d’anni fa, mi fu data da Rossana, quando organizzai un viaggio a Praga di una decina di persone (lei e me compresi) per visitare il Prague Patchwork Meeting. Ancora oggi non riesco a capacitarmi di quanto sia stato fortunato in questa impresa, in quanto riuscìì a portare su e riportare a casa tutta la comitiva sana e salva, pur conoscendo ben poco di quel che mi attendeva sulle rive della Vltva.
Di quel viaggio ricordo i primi approcci con una lingua ostica, le incomprensioni e gli equivoci (vi basti sapere che quando loro dicono no vuol dire sì), gli infiniti calcoli per sapere quanto viene in Euro un prezzo in Corone, gli indirizzi sbagliati, e ovviamente l’impatto con una città molto grande e più vitale di quella attorno alla quale gravito.
Ma la sorpesa maggiore fu il fatto che, come uso sempre dire, m’accorsi di non essere andato a Praga, bensì ero tornato a casa.
Mi ripeto, lo spirito mitteleuropeo mi condanna, il mio umore non è solare, sento la responsabilità quando mi si affida un compito, amo i contrasti quando si compendiano a vicenda, lo sfarzo fine a sé stesso mi disgusta, cerco sempre di essere invisibile (invisibile, non trasparente), ma se il mio volare basso viene turbato lo faccio notare, senza fretta, anche alla distanza, e se c’è una regola provo a rispettarla, non la sento come un attentato alla mia libertà.
Va da sè che a Praga c’era tutto questo, e anche di più.
C’erano, ovviamente, i borseggiatori, i tassametristi, i cambiavalute e i camerieri.
I primi non mi degnavano nemmeno di un’occhiata, grazie al mio abbigliamento approssimativo e al physique du rôle da praghese DOC (è capitato che mi chiedessero un’indicazione stradale, pur tenendo io in mano, ben visibile, una fotocamera, e non era nemmeno la prima volta…)
Dei tassametristi non so che dirvi. A Praga esiste un capillare ed efficientissimo sistema di trasporto pubblico, e se nonostante tutto avete ancora necessità di girare in taxi allora è probabile che viaggiare non faccia per voi.
I cambiavalute sono dappertutto in centro, e vendono di tutto, soldi buoni e meno buoni, ma non sono pericolosi, è sufficiente evitarli, magari partendo già con la valuta locale, magari utilizzando un Bancomat, oppure entrando in una delle tante filiali delle maggiori banche europee. Se poi vi fate attirare dalle sirene di un tasso di cambio troppo favorevole per essere vero allora è affar vostro
I camerieri, beh sì, confermo,sono proprio come ve li raccontano, allegri come il mostro di Frankenstein interpretato da Boris Karloff, però sempre attenti e corretti, basta farci l’abitudine. Dopo qualche anno abbiamo trovato un accordo, io non ci bado e loro non badano a me, l’importante è che arrivi la birra.
Tutte queste sensazioni piovevano su un palcoscenico che mi riportava indietro nel tempo, a quand’ero piccolo, quando nella mia città c’erano i tram, le strade pulite, il selciato e il masegno, i locali affollati, i giardini curati, la buona educazione e il rispetto della fila. Diventato grande mi trovavo in una città più grande, ed essendo rispettate le proporzioni era come se non fosse cambiato nulla.
Se a tutto questo lirico pistolotto aggiungiamo cha Franz Kafka è l’autore di alcune pagine che più hanno inciso sulla mia maniera di leggere il mondo, allora la frittata è fatta.
Parliamo adesso di chi ringraziare per tutto il male.
Nel 2020 niente Boemia (e forse niente da nessuna parte), e la mia personale, ma non isolata, opinione è che al banco degli imputati possiamo far far sedere la Cina, con la sua opacità, la sua mania di segretezza, la sua mancanza di etica, e nemmemo voglio arrivare a pensare che abbiano, per colpa o per dolo, qualche responsabilità nella comparsa di questo virus. Troppi morti, troppo dolore, troppi guasti hanno causato per cavarsela con un “non siamo stati noi, ed eccovi in regalo delle mascherine”.
Ci sarei andato volentieri quest’anno, e ancor di più ci sarebbe andata Rossana, dato che avrebbe avuto la soddisfazione di vedere esposta a Praga una sua opera. Non è che ci si possa consolare con un “pazienza”, non funziona così. Quando si arriva a una certa età basta un niente per bloccarti a casa (se va bene…), e bisogna sparare tutte le cartucce disponibili perché poi le polveri saranno bagnate. A tal fine mi viene buona la gianografia n°272
PRUDENZA, MI RACCOMANDO
“La prossima volta” è un’affermazione perlomeno avventata.
Altre immagini della Boemia disponibili qui
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