Questi tedeschi, sempre loro, sempre a volerci male, sempre a voler dominare il mondo, e adesso, in questa situazione drammatica, si sono pure messi di traverso per impedire che l’Europa ci aiuti economicamente.
Ma come, proprio loro, quei tedeschi ai quali è stato condonato il debito di guerra nel 1953? Gli stessi tedeschi che hanno goduto di un secondo condono nel 1990?
Tedeschi brutti e cattivi allora?
Preferisco non commentare i toni usati di recente su Facebook da un comico genovese, buoni per fare audience in un programmino televisivo, di certo non per capire, ma nel suo caso vale il motto “tutto quanto fa spettacolo”.
Di certo i tedeschi non sono cattivi, sono semplicemente stupidi, lo sono nella stessa misura nella quale gli italiani sono furbi.
So cosa mi si potrà obiettare, ovvero che non tutti gli italiani, e di sicuro non voi per primi, sono usi a fare i furbi per non pagare dazio, e io vi rispondo che avete ragione, sommamente ragione, ma ciò che vale per noi vale, per stupidità, anche per i tedeschi.
Non voglio qui tediarvi addentrandomi nelle differenze religiose che vanno a ricadere sui rapporti sociali, ovvero tra la religione cattolica rispetto a quelle luterana e calvinista, queste ultime molto presenti in Germania, vi basti sapere che nella cattolica le ricchezza è (a parole) spregiata, mentre nelle altre due è giustificata (con moderazione), e con quella anche la conseguente gerarchia di potere.
Gli effetti di tali differenze si manifestano anche di fronte a una legge, un editto, un comando. Nel nostro caso la reazione è di fastidio, come se avessimo il presentimento che prima o poi qualcosa avverrà a nostro danno. Ciò avviene anche a causa dei malgoverni, di tutte le dinastie e tutti i regimi, che hanno contraddistinto parte dell’azione politica italica, dove interessi inconfessabili, corruzione, ambizioni personali, nepotismo e altre amenità hanno generato sfiducia e sospetto.
In Germania è diverso, nel senso che magari chi sta al potere è relativamente un inetto, però essendo quasi assenti quegli aspetti mafiosi nella gestione del potere, la popolazione si fa meno domande, almeno finché la situazione non precipita, e questa è appunto una forma di stupidità, essendo il dubbio la prima scintilla dell’intelligenza.
Però ora noi, seguendo il paradigma tedeschi = cattivi e italiani = buoni, ci dimostriamo più stupidi di loro.
Intanto “italiani buoni” è un luogo comune, e voi sapete bene quanto siano traditori i luoghi comuni. La storia ha ben raccontato, specialmente dalle mie parti, quanto “buoni” possano essere gli italiani, anche se quel benedetto dubbio che ha aperto gli occhi ai singoli ci ha evitato lo stigma di “cattivi per antonomasia”.
Veniamo all’argomento principale, ossia al fatto che i tedeschi hanno goduto della magnanimità mondiale, e ora, quando si tratterebbe di mostrare un minimo di riconoscenza, si dimostrano avari.
Per la verità non sono i tedeschi a tirarsi indietro, bensì la CDU, l’Unione Cristiano-Democratica, (appunto vedete quanto siano “buoni” i cristiani, come spiegavo sopra), il partito di Frau Merkel, la quale deve rispondere al suo elettorato, quest’ultimo composto anche da banche e associazioni industriali, istituzioni grandemente apprezzate dalla popolazione, cosicché la percentuale dei tedeschi che approvano l’azione della CDU supera quel 29% raggranellato nelle ultime elezioni politiche.
Ma, a prescindere dalle questioni odierne, è vero o no che ai tedeschi è stato condonato il debito che dovevano pagare al mondo per aver scatenato la seconda guerra mondiale?
È vero, ma la domanda che dovreste porvi è: perché?
Non per bontà d’animo, sentimento sconosciuto ai vincitori da Brenno in avanti, ma per un mero calcolo politico, in parte quello stesso che ha sparso in Italia testate nucleari e servitù militari.
“Errare humanum est, perseverare autem diabolicum” scrisse Sant’Agostino d’Ippona, e sempre per restare nel continente africano, potrei riportare un antico proverbio di quelle terre: “solo uno stupido inciampa due volte nella stessa pietra”.
Che ce ne viene di questo excursus parafilosofico? Nulla, mi serviva solo per farvi capire quale calcolo politico ha condotto i paesi vincitori a condonare quel debito di guerra.
Alle origini del nazionalsolcialismo, quel movimento che faceva della sopraffazione il suo vessillo, ci sta in primo luogo il revanscismo.
Il prussiano Otto von Bismark ben conosceva il potere incendiario di quel sentimento, perciò dopo aver sbaragliato l’esercito francese tentò di moderare ogni pretesa territoriale ed economica, soddisfatto di aver riunito tutti i tedeschi sotto una stessa bandiera, e la Francia stessa conobbe nei decenni seguenti alla disfatta il periodo più fiorente della sua storia moderna.
Invece dopo il primo conflitto mondiale i paesi vincitori disgregarono territorialmente e socialmente gli Imperi Centrali, portandoli alla fame.
Eccovi, per conoscenza, alcune delle condizioni del diktat imposto alla Germania, ovvero trasferimento nei paesi vincitori di interi impianti industriali e di 150.000 vagoni ferroviari, rinuncia al 28% dei giacimenti di carbone e al 78% dei giacimenti di ferro, pagamento delle riparazioni di guerra per 42 anni (cioè in teoria fino al 1961), e via dicendo.
Le conseguenze si fecero presto sentire e, qualora non bastassero la disoccupazione e la miseria generalizzata, l’inflazione prese a galoppare, cosicché nel dicembre del 1923 erano necessari 4.000.000.000.000 (quattromila miliardi di marchi per il valore di 1 (un) dollaro americano, e 400.000.000.000 (quattrocento miliardi) di marchi per 1 (un) chilo di pane.
Il malcontento popolare si riversò contro il governo della Repubblica di Weimar, e temendo gli industriali e la classe media lo scatenarsi di una rivoluzione sovietica in casa, in Germania venne prima tollerato, poi supportato e infine portato in trionfo il nazionalsocialismo.
Conosciamo bene le conseguenze di un partito revanscista al potere, di foschi e meschini personaggi che predicano vendetta e potere assoluto su coloro che li avevano brutalmente angariati, e dato che per carità di patria non si poteva incolpare della disfatta la stupidità imperial-militare del Kaiser, tornò buona la storia del tradimento giudaico.
La situazione dopo la seconda guerra mondiale poteva essere identica, i tedeschi al tappeto e un gruppo di vincitori che se ne potevano spartire le spoglie, ma coloro che prima erano alleati presero a sospettare l’uno dell’altro, ancora prima di vincerla quella guerra, e la Germania divenne il laboratorio sperimentale di una nuova guerra, quella fredda, ma soprattutto gli alleati si ricordarono del peccato di superbia commesso a Versailles nel 1919 (e a Berlino nel 1921), perciò si guardarono bene dal ripeterlo. Un Hitler era stato già abbastanza.
La Repubblica Federale di Germania godette dei benefici del Piano Marshall, ottenendo, pur essendo nazione sconfitta, la metà dei dollari che riceveva la Francia vittoriosa, e più dell’Italia voltagabbana dell’ultimo treno.
La Repubblica Democratica Tedesca purtroppo non godeva dei benefici effetti di quella pioggia di aiuti americani, e la pur efficiente economia (raffrontata a quelle delle altre nazioni satelliti dei sovietici) soffriva della morsa dell’URSS, la quale, oltre a esigere il pagamento (in beni e valuta) dei debiti di guerra, pretendeva anche il pagamento dei costi di ricostruzione della stessa Germania Est.
Eccovi un esempio di quanto era subito diventata importante la Germania. Nel giugno del 1948 gli USA decidono di consegnare a ogni tedesco di Berlino Ovest una somma di 40 Nuovi Marchi (Deutschmark), circa 12 Dollari USA, che all’epoca, in una una città affamata di tutto, non era una cifra disprezzabile, e grazie a quell’iniezione di valuta i negozi di quelle tre zone di Berlino si riempiono di merci. Va da sé che l’operazione è propagandistica, e i tedeschi orientali, ancora ridotti al mercato nero e al baratto per procacciarsi dei beni non essenziali, guardano con invidia a quel Paese del Bengodi. In luglio Stalin risponde con la mossa sbagliata, ossia blocca ogni accesso da e per Berlino Ovest, consentendo ad americani e alleati di organizzare un ponte aereo di soccorso, centinaia di voli di “rosinenbomber” in grado di dimostrare la totale inefficacia del blocco comunista, sia come azione bellica che come azione politica.
Personalmente sono convinto che quella dei Nuovi Marchi Tedeschi sia stata una trappola, un’esca che i sovietici hanno ingoiato con tutto l’amo, il casus belli per giustificare gli interventi militari e politici che il Patto Atlantico porrà in opera dei decenni successivi.
Se siete ancora convinti che il successivo muro di Berlino del 1961 sia stata un’alzata d’ingegno di qualche zelante alto funzionario della DDR è probabile che non conosciate la storia di quegli anni.
Nel 1952 i sovietici propongono che vengano riunite le due Germanie in un unico stato.
Quella nazione avrebbe dovuto essere neutrale e demilitarizzata, e senza nessuna preclusione verso il sistema politico che i tedeschi avrebbero scelto. A prima vista potrebbe sembrare una proposta ragionevole, persino magnanima, però viene respinta in quanto assomiglia troppo a un cavallo di Troia.
La nuova Germania, senza gli aiuti diretti degli americani, non avrebbe proseguito nel progresso ricostruttivo, non sarebbe riuscita ad agganciare il boom economico del quale si vedevano gli albori, magari sarebbe salito del malcontento, magari la propagandata, e forse rimpianta, equità sociale dei soviet sarebbe apparsa allettante e, chissà, forse libere elezioni avrebbero portato al potere i comunisti, prospettiva temuta, nonché combattuta con mezzi leciti e illeciti, dagli americani sia in Francia che in Italia (in Spagna ci pensava già Franco). Se poi non fosse avvenuto l’auspicato ribaltone politico, la nuova Germania sarebbe stata una preda facile per le armate del Patto di Varsavia, un territorio massimamente pianeggiante attaccabile da tre fronti, mentre a Ovest poteva opporsi solamente l’inaffidabile Francia, e in men che non si dica i sovietici sarebbero arrivati sulle rive del Reno.
In conseguenza di ciò i politici occidentali, dietro suggerimento dei militari del Patto Atlantico, smisero di pensare ai tedeschi come a un nemico battuto da sollevare, ma a un prezioso alleato da rinforzare a tutti i costi. Tra questi costi ci sta anche la rinuncia al 50% dei debiti di guerra, una sorta di amnistia, e così inizia per i tedeschi dell’Ovest la Wirtschaftswunder, ossia il miracolo economico.
L’effetto è talmente immediato e dirompente che già l’anno seguente nella DDR i lavoratori entrano in sciopero per chiedere migliori condizioni salariali, paragonabili a quelle dei loro colleghi occidentali, proteste alle quali l’URSS risponde come sa fare meglio, ovvero con i carri armati.
Ma se i T-34 riescono a soffocare la rivolta, nulla possono contro l’ormai lanciata locomotiva tedesco-occidentale, e nel 1961 sono già più di due milioni e mezzo i tedeschi orientali scappati in occidente, il 16% della popolazione totale della DDR, e si tratta di giovani laureati o di personale specializzato, attratti dai vantaggi economici che il regima socialista non può offrire loro. La porta per la cosiddetta “libertà” è a Berlino, e attraverso quella passano anche russi, cechi, ungheresi, polacchi, che riescono a entrare nella DDR.
Va da sé che la situazione è insostenibile, anche vista la fortissima valutazione del Marco Tedesco di Bonn, questa sostenuta dalle banche statunitensi.
Ebbene, il muro di Berlino viene eretto nel 1961, un muro di protezione antifascista, espressione surreale e quasi delirante coniata dai tedeschi orientali, un muro che simboleggia la separazione tra due mondi separati da un oceano di ignoranza.
Vi potreste, anzi vi dovreste chiedere perché nessuno in Occidente fece qualcosa per fermare quell’abominio, e se già non lo sapete ve lo dico io: perché faceva comodo.
Nella ricca Germania Ovest la percentuale di disoccupati raggiungeva lo zero virgola, perciò attirava molti immigrati, però venne ritenuto preferibile che quelli arrivassero da paesi più lontani e meno evoluti, la Turchia, la Grecia, la Yugoslavia, la Spagna e, perché no, l’Italia, persone quasi disperate che costavano meno dei loro colleghi tedeschi orientali, e che non conoscendo la lingua erano più malleabili e ricattabili.
Quindi ben venga quel muro in grado di impedire l’accesso nella Repubblica Federale di maestranze altamente istruite delle quali non v’era l’effettiva necessità, e tra le quali poteva sempre celarsi il germe della protesta sociale, ossia l’imprinting che avevano ricevuto all’Est.
Se questo cinismo vi sembra eccessivo, allora considerate quella tragedia avvenuta sette anni dopo in Cecoslovacchia, quando una precoce primavera venne uccisa nella culla dalla repressione sovietica. Ecco, allora come adesso pareva chiara la distinzione tra buoni e cattivi, ma se i primi erano i cecoslovacchi, i cattivi comprendevano altri soggetti oltre all’URSS e i suoi alleati, in quella banda c’eravamo anche noi.
Come sopra, vi potreste, anzi vi dovreste chiedere perché nessuno in Occidente fece qualcosa per fermare l’invasione o almeno stemperare la conseguente repressione, e, come sopra, se già non lo sapete ve lo dico io: perché la Primavera di Praga faceva paura.
Certo, i sovietici erano abbastanza seccati per quella macchia sulla tovaglia della loro visione internazionalista del mondo comunista, quello dove tutte le decisioni sono prese all’unanimità, e dove sono tutti, ovviamente, d’accordo, però invadere così una nazione sovrana, slava ma anche storicamente europea, poteva rivelarsi un azzardo dalle conseguenze imprevedibili, nessuna delle quali vantaggiosa.
È chiaro che ebbero il benestare, anzi dovrei dire l’ok, dalla NATO, perché il socialismo dal volto umano di Dubček poteva risultare pericoloso per l’occidente, dimostrava che i comunisti non mangiano i bambini, che tengono da conto le persone e non solamente i programmi quinquennali, che non hanno nessuna voglia di andare a far casino in casa d’altri, e che magari si poteva anche votare per loro, perché a furia di turarsi il naso per votare gli anticomunisti si finisce col non sentire più nessun odore.
Basta, torniamo in Germania, in tempi più vicini, e per certi versi memorabili.
Vi ricordate le parole “perestrojka” e “glasnost’”? Erano termini che Michail Gorbačëv aveva inserito nel lessico politico sovietico per tentare di adeguare l’URSS al mondo che stava cambiando velocemente (anche se a Baku, a Vilnius e a Černobyl’ niente parve che fosse cambiato dei vecchi sistemi). Nel 1989 cadde il simbolo della guerra fredda, quei centocinquanta chilometri di cemento e acciaio che tagliavano a metà Berlino, e nel 1990 le due Germanie tornarono una, grazie alla distensione tra i due blocchi, o almeno di quel che ne restava della parte orientale.
Ricordo che all’epoca si parlò di “fine della storia”. Che idioti!
La Germania Ovest si trovò ad adottare un fratello affamato di tutto e per niente paziente. Per cercare di non creare tensioni tra Est e Ovest, l’allora cancelliere Kohl decise di equiparare i marchi dell’Est (carta straccia) ai marchi dell’Ovest, in caso contrario più che di riunificazione si sarebbe potuto parlare di annessione, ma così facendo si accollò tutti i costi e i debiti altrimenti inesigibili della DDR.
L’unica maniera per evitare l’inevitabile default tedesco era chiedere l’assistenza di quei paesi che avevano, per motivi politici, auspicato e promosso la riunificazione, ovvero le nazioni del blocco occidentale.
Nella nuova Germania arrivarono l’equivalente di 1200 miliardi di Euro in investimenti, più di due terzi dei quali, guarda caso, dagli USA, mentre l’Italia se la cavò con meno di una quarantina di miliardi di Euro spalmati su sette anni.
Quindi è questo il “favore” che ha fatto l’Europa alla Germania, cioè abbiamo pagato per mantenere stabile un paese fondamentale per questa zona del pianeta.
Altra faccenda sono le conseguenze deleterie di quella riunificazione antieconomica, sullo SME per esempio, ma le opinioni sono abbastanza discordanti sul rapporto causa-effetto, perciò mi fermo qui.
Dove ci ha condotto questo pistolotto?
Semplice, voi avete ragione, la Germania ha ricevuto molto dal mondo, e in generale ha restituito solo sangue, ma anche il suo è stato versato, e non tutti erano colpevoli.
L’atteggiamento della CDU è frutto del modo di vedere già di Otto von Bismark, ovvero prima si mettono a posto le cose proprie, e solo dopo si guarda fuori. La Germania è in crisi, economica come tutti, sociale come pochi (almeno in Europa), e non possedere la certezza di avere gli strumenti per uscirne li manda ai pazzi. Trattarli tutti però come assassini patologici, per istinto etnico si insinua, non aiuta a capire, non aiuta a capirli, non aiuta a capirci.
Mi spiego.
Dei tedeschi ho già detto, e fin dall’inizio li ho definiti “stupidi”.
Infatti solamente uno stupido può credere al concetto di “razza superiore” (però mi ricorda qualcuno…), solamente uno stupido può seguire le urla gutturali di una marionetta in divisa (mi ricorda sempre qualcuno…), solamente uno stupido può credere che si possano risuscitare imperi sepolti dalla storia (e c’è sempre quel qualcuno lì…), solamente uno stupido può essere certo che il capo ha sempre ragione (basta, mi arrendo…), e infine solamente uno stupido può credere che ciò che decide stato è per il bene di tutti, magari anche quando sbaglia, solamente uno stupido pensa anche al bene di tutti e non solamente al suo, solamente uno stupido non coglie l’occasione di dimostrare a chi gli offre del denaro che la sua fiducia è ben riposta anche quando garanzie non sono richieste, solamente uno stupido utilizza tutti gli aiuti, materiali ed economici, per rimettere in piedi il suo paese, solamente uno stupido è capace di rimboccarsi le maniche e, senza frignare troppo, ricostruire ciò che aveva contribuito a far distruggere, solamente uno stupido non arraffa qualcosa dai fiumi di denaro che gli scorrono accanto, solamente uno stupido accetta di pagare una patrimoniale per accogliere in casa gli ex nemici e per contribuire alla riunificazione del paese, solamente uno stupido considera adeguato il suo posto nella società e se cerca di migliorarlo lo fa con mezzi leciti, senza scorciatoie, ma per fortuna noi non siamo stupidi, siamo furbi.
La Germania è uscita dalla guerra in condizioni peggiori di noi, ha ricevuto aiuti per risollevarsi, come li abbiamo ricevuti anche noi, forse anche di più, ma loro li hanno sfruttati per il meglio, per il paese, non solo per loro, mentre noi invece i nostri talenti non li abbiamo né fatti fruttare e nemmeno li abbiamo sotterrati, ce li siamo mangiati.
E avete ancora fame?
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